ASSUNZIONE DI SALE CON LA DIETA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE                  

 

Oggi si pone molta attenzione allo stile di vita nonché all’alimentazione e al ruolo che questa riveste, sia nella prevenzione che nella relazione con le malattie non trasmissibili. Nei soggetti apparentemente sani il rischio cardiovascolare è determinato dall’interazione di più fattori. L’approccio al rischio cardiovascolare dovrebbe estendersi lungo l’intero arco della vita in quanto sia il rischio cardiovascolare sia la prevenzione sono processi dinamici e costanti che variano con l’avanzare dell’età del paziente e/o con lo sviluppo di co-morbilità. Questo implica che, oltre alla necessità di ottimizzare lo stile di vita e di ridurre i livelli dei fattori di rischio nei pazienti con malattia cardiovascolare accertata o ad elevato rischio cardiovascolare, i soggetti sani di qualsiasi età devono essere incoraggiati ad adottare uno stile di vita sano.

Comportamenti quali l’alimentazione adeguata e corretta, l’astenersi da alcol, droghe, fumo e non ultimo l’attività fisica sono tutti fattori che impattano in modo rilevante sulla nostra salute e nell’insieme questi determinano il nostro stile di vita, il quale ha un importante ruolo nell’eziologia della malattia cardiovascolare.

A livello globale le cause di decesso risultano prevalentemente associate in maggior percentuale a malattie cardiovascolari.

Decessi globali per malattie croniche, previsti 2005. Fonte: Prevenire le MALATTIE CRONICHE un investimento vitale. OMS.

Anche in Italia la situazione è analoga.

 

 

Le malattie cardiovascolari rappresentano quindi la principale causa di mortalità nei paesi industrializzati, ed è importante conoscere quali sono i fattori coinvolti nella genesi di tali malattie. In questo ambito esistono alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di eventi e comprendono tutte quelle condizioni che aumentano la probabilità di ammalarsi di una malattia di cuore e vasi.

I fattori di rischio possono essere classificati in:

  • MODIFICABILI completamente o parzialmente modificabili (ipertensione arteriosa (eccesso di sodio nella dieta) fumo, obesità, ipercolesterolemia, basso colesterolo HDL, diabete, eccessivo consumo di alcool, dieta ricca di grassi e ipercalorica, ridotta attività fisica).
  • NON MODIFICABILI (sesso, età, familiarità, storia di malattia cardiovascolare pregressa).

L’ipertensione è il principale fattore di rischio per le patologie cardiovascolari legate all’assunzione di sodio.

La pressione arteriosa è la forza esercitata dal sangue contro la parete delle arterie ad ogni battito del cuore. Valori ottimali sono di 120 / 80 mm Hg. Quando i valori di sistolica e/o diastolica superano i 140 (per la massima) o i 90 (per la minima), si parla di ipertensione (Ministero della Salute, 2013).

L’indagine epidemiologica ha dimostrato che il superamento, persistente nel tempo, dei suddetti valori rappresenta un notevole fattore di rischio per la comparsa di tutta una serie di fenomeni patologici cardiocircolatori secondari che incidono negativamente sulla durata della vita. Provoca danni indiretti e viene considerata come uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo di aterosclerosi e quindi per lo sviluppo sia della malattia coronarica e dell’infarto che degli accidenti cerebrovascolari (ictus). Direttamente può provocare cardiopatia ipertensiva sino a insufficienza cardiaca congestizia, aneurisma e dissezione aortica, insufficienza renale cronica. Si stima che la pressione arteriosa sistolica subottimale (> 115 mm Hg) contribuisca al 49% di tutte le cardiopatie coronariche e al 62% di tutti gli ictus (WHO, 2012).

Ad oggi i meccanismi fisiologici alla base dell’innalzamento della pressione arteriosa non sono completamente chiariti, ma comportano alterazioni della funzione renale, degli ormoni, dei fluidi, del sistema vascolare, del cuore e / o del deflusso simpatico centrale, quindi si tratta di differenti meccanismi che impattano sull’alterazione della portata cardiaca e della resistenza periferica totale. L’incapacità dei reni umani di espellere completamente l’eccesso di sodio è uno dei principali meccanismi che associano consumo di sale e pressione sanguigna (aumenta il volume ematico). Questa capacità inoltre diminuisce con l’avanzare dell’età. Esistono anche meccanismi genetici correlati al fenotipo sodio sensibile. Tutt’oggi si stanno approfondendo i meccanismi causa – effetto fra assunzione di sodio e ipertensione.

Uno dei fattori dietetici che influenza maggiormente la pressione sanguigna e le patologie ad essa correlate è l’assunzione di sale (NaCl) con la dieta, e quindi del sodio in esso contenuto.

Il controllo della dieta può avere effetti importanti in questo ambito risultando uno dei fattori modificabili sui quali è più semplice intervenire.

Il livello di assunzione necessario per una corretta funzione corporea non è ben definito, è stimato da un minimo di 200-500 mg / die (WHO, 2012).

Essendo livelli molto difficili da ottenere, in letteratura si trovano riferimenti sui livelli di assunzione considerati ammissibili:

RDA(2010): AI = 1500 mg/die (3,75 g sale/die)

AHA (American Heart Association, 2012): 1500 mg/die

LARN (2014): AI = 1500 mg/die  (AI = adeguate intake; assicura i fabbisogni minimi di Na compatibili anche con la riduzione di morbosità e mortalità da malattie associate ad un’alta assunzione di Na).

Dagli 11 anni ai 60 anni l’apporto consigliato dai LARN (AI) equivale a 1,5 g / die e la stessa raccomandazione è fatta anche per gravidanza e allattamento. Per bambini tra i 6 e i 12 mesi 0,4 mg di sodio / giorno. Da 1 a 3 anni 0,7 g / die, da 4 a 6 anni 0,9 g, tra 7 e 10 anni 1,1 g.

Ogni giorno l’adulto italiano ingerisce in media circa 10 g di sale (4 g di sodio), molto più (quasi dieci volte) di quello fisiologicamente necessario (M. Ticca et al. 2003).

Autorevoli linee guida affermano che il contenuto di sale dietetico va controllato; sono un esempio quelle dell’INRAN e dell’OMS che affermano l’importanza di  “Ridurre l’assunzione di sale e il contenuto di sale degli alimenti”.

L’attuale raccomandazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sul consumo di sodio per gli adulti è di 2 g di sodio / giorno (equivalente a 5 g di sale / giorno). Un consumo maggiore è associato a un più alto rischio di ictus, ictus fatale e malattia coronarica fatale. La forte relazione positiva pressione sanguigna – sodio fornisce prove indirette che la riduzione dell’apporto di sodio può dare un effetto benefico sulla pressione sanguigna (WHO, 2012).

Anche nei bambini emerge la possibilità di ottenere un beneficio dalla riduzione dell’intake di sodio. Il marketing ha un impatto sulle preferenze di cibi e bevande in giovane età e può portare a cattive abitudini alimentari. Ne deriva l’importanza di inserire un programma di educazione mirato agli scolari, utile per ridurre l’assunzione di sale e come ottimo approccio per correggere comportamenti errati e contenere gli effetti a lungo termine. Si è notato che madri con alto consumo di sodio ne influenzano anche l’assunzione da parte del figlio (T. Takada et al, 2018). È quindi importante educare fino dalla prima infanzia a una corretta alimentazione, coinvolgendo i genitori i quali risultano influenzare direttamente l’alimentazione del figlio (B. Sadeghirad et al, 2016). Riduzioni di Na+ sono quindi da sostenere per prevenire il rischio di ipertensione sia nell’adulto che nel bambino.

 

Esistono diverse fonti di sodio nell’alimentazione:

  • alimenti (acqua, frutta, verdura, carne, cereali, ecc.)
  • sale aggiunto nella cucina casalinga o a tavola
  • prodotti trasformati (artigianali e industriali) e prodotti della ristorazione

Questi ultimi risultano fra i cibi a maggiore contenuto di sodio sia per motivi tecnologici che commerciali.

Fonte INRAN

Il maggiore consumo di sodio deriva quindi dai prodotti trasformati e dai derivati dei cereali, che se pur non contenendone in assoluto la quantità maggiore, risultano essere consumati in porzioni più elevate (pane, crakers, grissini, merendine, cornetti e cereali da prima colazione, ecc).
L’acqua impatta in maniera inferiore essendo i consumi di questa limitati rispetto al cibo. Nella maggior parte delle acque minerali il contenuto di sodio è inferiore a 0,05 g / L, il che significa che per arrivare a 2 g di sodio bisognerebbe berne più di 40 litri al giorno!                                                                                                                              Con 2 litri di acqua, ogni giorno si introducono in media da 0,02 a 0,1 g di sodio, cioè solo dall’1 al 5% della quantità giornaliera massima consigliata. Questo fa si che l’acqua abbia minore rilevanza rispetto al cibo sul rischio di aumentare la pressione arteriosa.

 

Le principali linee guida, quali WHO, INRAN, ISS ad esempio, sono tutte concordi che è necessario ridurre gli apporti di sodio.

Le spezie e le erbe aromatiche possono sostituire il sale o almeno permettere di utilizzarne una quantità decisamente minore, conferendo uno specifico aroma al cibo e migliorandone le qualità organolettiche. Il succo di limone e l’aceto permettono di dimezzare l’aggiunta di sale e di ottenere cibi ugualmente saporiti, agendo come esaltatori di sapidità (M. Ticca et al. 2003).

 

INRAN:

  • Riduci progressivamente l’uso di sale sia a tavola che in cucina
  • Preferisci al sale comune il sale arricchito con iodio (sale iodato)
  • Non aggiungere sale nelle pappe dei bambini, almeno per tutto il primo anno di vita.
  • Limita l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape, ecc.)
  • Insaporisci i cibi con erbe aromatiche (come aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio) e spezie (come pepe, peperoncino, noce moscata, zafferano, curry).
  • Esalta il sapore dei cibi usando succo di limone e aceto.
  • Scegli, quando sono disponibili, le linee di prodotti a basso contenuto di sale (pane senza sale, tonno in scatola a basso contenuto di sale, ecc.).
  • consuma solo saltuariamente alimenti trasformati ricchi di sale (snacks salati, patatine in sacchetto, olive da tavola, alcuni salumi e formaggi).
  • Nell’attività sportiva moderata reintegra con la semplice acqua i liquidi perduti attraverso la sudorazione.

(M. Ticca et al. 2003)

WHO (OMS):

  • Ridurre l’apporto di sodio per ridurre la pressione sanguigna e il rischio di malattie cardiovascolari, ictus e malattia coronarica negli adulti (forte raccomandazione). Riduzione a < 2 g / die di sodio (5 g / giorno di sale) negli adulti (forte raccomandazione).
  • Riduzione dell’apporto di sodio per controllare la pressione sanguigna nei bambini (raccomandazione forte). Il livello massimo raccomandato di assunzione di 2 g / giorno di sodio negli adulti dovrebbe essere regolato verso il basso in base all’energia e esigenze dei bambini rispetto a quelle degli adulti.

 

Diversi studi dimostrano gli effetti dannosi dell’eccesso di sodio sulla pressione:

Apporti superiori 6 g / die di sale (NaCl) sono associati a maggiore rischio di ictus e di malattia cardiovascolare (P. Strazzullo et al 2009).

Esiste una relazione dose-risposta; maggiore riduzione di sale porta a maggiore diminuzione SBP (FJ He et al, 2013). Anche nei bambini questo è riscontrabile, dove il maggior apporto di sodio aumenta la pressione quasi linearmente. L’assunzione di sodio deve essere limitata durante l’infanzia per prevenire l’ipertensione nel corso della vita (M. Leyvraz et al, 2018).

La prevalenza dell’ipertensione aumenta con l’aumentare dell’apporto di sale indipendentemente dal sesso ( J.G.Mill et al, 2019).

 

Risulta importante il ruolo dell’educazione alimentare (FJ He et al, 2015) per diminuire l’intake di sodio, soprattutto nei più piccoli dove la pubblicità influenza le scelte alimentari dei bambini portando a maggiore consumo di cibi poco sani (B. Sadeghirad et al, 2016).

Negli adulti i sostituti del cloruro di sodio (sale iposodico) sono efficaci nel ridurre la pressione (se utilizzati in un arco temporale di 2 – 6 anni) e possono essere un approccio dietetico per il controllo dell’ipertensione a livello di popolazione (Y.G. Peng et al, 2014).

L’approccio dietetico risulta quindi una importante arma di prevenzione e cura se adeguatamente utilizzato.

Impariamo a nutrirci correttamente, leggendo anche le etichette quando acquistiamo i cibi e riducendo l’intake di sale con la dieta.

 

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